Causa Petendi: il Perimetro nelle domande di Risarcimento del Danno
La dottrina ha elaborato una distinzione tra le ipotesi di domande autodeterminate, nelle quali la causa Petendi (e quindi l’insieme dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della domanda giudiziale) coincide con il diritto azionato, prescindendo dal titolo da cui discende (è irrilevante se si è in presenza di un contratto, un fatto illecito, una successione ecc. ecc.) e quelle eterodeterminate che caratterizzano per lo più i diritti di obbligazione e in relazione alle quali, invece, la causa petendi può evocare più condotte, oggetto di plurime domande.
Nelle prime la Causa Petendi si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto.
Causa petendi e petitum (oggetto della domanda) coincidono.
In simili ipotesi, l’allegazione dei fatti posti a fondamento della domanda attiene per lo più alla dimostrazione dei fatti che vengono definiti secondari perché riguardano solo la prova dell’acquisizione del diritto vantato.
Ne deriva che in un’azione di accertamento di un diritto reale di godimento, il giudice – se la parte allega il relativo contratto- non può riconoscere in favore di parte attrice un diritto reale diverso da quello vantato in giudizio.
Nelle domande eterodeterminate, invece, causa petendi e petitum divergono fra loro.
Nelle ipotesi di azioni di risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, come è ben comprensibile, ci si trova innanzi ad una tipologia di danno cosiddetta eterodeterminata perché la lesione dell’integrità psicofisica del paziente, e/o il suo peggioramento clinico e/o, nei casi più gravi, il decesso del medesimo sono riconducibili o all’inadempimento e/o al fatto illecito (dunque traggono origine da titoli diversi) e formano oggetto di più domande. In dette ipotesi, la causa petendi si identifica con i fatti posti a fondamento della domanda.
Questa distinzione dottrinale ha assunto una valenza peculiare nell’ambito della vexata quaestio sottesa alla mutatio o emendatio libelli.
Molto brevemente, si ha la mutatio libelli quando si assiste al cosiddetto cambiamento della domanda giudiziale, cioè quando viene mutata la causa petendi con l’introduzione di un nuovo thema decidendum. Detta facoltà non è ammessa.
Si ha invece la emendatio libelli quando si è in presenza di una precisazione dei fatti posti a fondamento della domanda.
Riprendendo la distinzione tra le domande autodeterminate e quelle eterodeterminate si osserva quanto segue.
Nella prima ipotesi, dal momento che la causa P. della domanda si identifica con i diritti stessi e con il bene che ne forma l’oggetto e dunque i fatti rilevano solo ai fini probatori perché secondari, la deduzione in sede di appello da parte dell’attore di un fatto o di un atto costitutivo del tutto diverso da quello prospettato in primo grado a sostegno della domanda non rileva.
Diverso è il caso che si prospetta nelle domande eterodeterminate. Qui, infatti, se vengono considerati fatti nuovi non dedotti in primo grado, cambia anche la causa petendi.
Nelle azioni di risarcimento del danno, il petitum (cioè l’oggetto della domanda) è il ristoro del danno; mentre la causa petendi (ovvero l’insieme dei fatti storici dedotti) è composta da tutte le censure dedotte in giudizio.
Gioca un ruolo peculiare la causa petendi, cioè l’insieme dei fatti costituitivi posti a fondamento della domanda giudiziale.
Ogni fatto illecito di per sé integra una autonoma causa petendi.
Ecco perché assume precipuo rilievo l’identificazione – da parte del soggetto che incardina l’azione legale – del titolo e della causa petendi, perché in tal modo si definirà il perimetro e i confini in cui si inscrive l’azione legale.
Una volta individuati i fatti specifici dedotti in giudizio sarà semplice risalire al diritto che si intendere fare valere giudizialmente.
In dette ipotesi non è possibile introdurre un nuovo tema di indagine perché altrimenti si verificherebbe una mutatio libelli e non una emendatio libelli.